Archive for the 'mitra' Category

23
Set
07

Mithra: un Sole nascente nel tramonto dell’Antichità; BUON COMPLEANNO MR. BEYELER!

Mithra: un Sole nascente nel tramonto dell’Antichità

Il Mitreo delle Sette Sfere ad Ostia Antica. 

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 Segni occulti di una civiltà passata, figure con fiaccole, mosaici monocromi con stelle e spade  sono le enigmatiche tracce di un segreto culto antico, di un percorso iniziatico compiuto da uomini ostiensi in un remoto passato.Ben nascosto tra gli edifici, all’interno di un’esigua aula avvolta dalla penombra, uno dei più importanti templi dedicati al dio Mithra è ancora visibile, vincendo secoli di distruzioni, a pochi passi dal tracciato dell’antico decumano. L’arcaica divinità indoiranica, che deriva il proprio nome dal vedico “mitra”, ovvero “amico”, “compagno”, giunse a permeare la spiritualità del mondo romano dopo essere sopravvissuta allo zoroastrismo, a Babilonia e allo sgretolarsi del potere persiano, resistendo in Asia Minore nella forma del culto misterico.

Peculiarità assolute del culto di Mithra furono quelle di essere un credo monoteista e solare, ispirato all’ascensione, al perfezionamento e all’appartenenza ad un gruppo che ben custodiva i precetti e il cerimoniale della loro religione segreta. Addirittura diversi imperatori abbracciarono il culto mitriaco e la venerazione del dio era di tipo misterico a causa del percorso tutto personale, intimo e di tipo iniziatici che l’adepto doveva intraprendere e, quindi, non certo a causa del timore di eventuali persecuzioni. Già radicato a Roma durante il II secolo, la grande diffusione di tale culto nell’abitato dell’antica Ostia è documentato da ben diciotto mitrei rinvenuti durante le campagne di scavo e testimonianti l’irrefrenabile ascesa di quei modi orientali, di spiccata spiritualità ed intimità, che presto sostiturono le ormai inadeguate e ieratiche divinità olimpiche.

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Mitreo delle Terme, Ostia                   Mitreo di Marino                      Mitreo di San Clemente, Roma

Scoperto dal Petrini nel 1802 e ancora oggetto di indagini da parte del Lanciani nel 1886,  il lavoro dei primi archeologi portò alla luce quattro iscrizioni che oltre a testimoniare con assoluta certezza la funzione dell’ambiente ci restituiscono il fascino di antiche personalità legate alle cerimonie di questo culto misterioso. Un restauro del vestibolo compiuto da parte di un certo Decimius Decimianus, l’erezione di un altare dedicato a Mithras Sol Invicto voluto da Tullius Agatho e la memoria di un sacerdote di nome Aemilius Epaphroditus, sono alcune delle informazioni emerse dalle epigrafi trovate. L’aula, stretta e profonda come impone la tipica forma del mitreo, ospitava trentadue adepti che prendevano posto lungo le panche in muratura a destra e a sinistra del piccolo corridoio centrale. A terra sette semicerchi in mosaico scandiscono lo spazio legandosi, nel modo e nel significato, alle figure eseguite con tessere brune e disposte lungo le sedute. Nei sette pianeti: Saturno, Sole, Luna, Giove, Marte, Venere e Mercurio, i sacerdoti di quel dio orientale vedevano i sette gradi di iniziazione dell’adepto che, attraversando così le sette sfere di perfezionamento, ascendeva dal livello di Corax, ovvero di  corvo, fino a quello di Pater, ovvero di padre, passando attraverso i livelli intermedi di Nymphus: sposo novello, di Miles: soldato, di Leo: leone, di Perses : persiano e di Heliodromus, ovvero di messaggero del Sole.  

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  Al centro della parete di fondo si trovava la rappresentazione del dio nella sua più tipica iconografia: un giovane imberbe, con chioma riccia e berretto frigio, vestito con una tunica di foggia orientale, dotato di mantello, nell’atto di uccidere un toro. Dal sangue fuoriuscito dal taglio nella gola dell’animale verrà alla luce il cosmo intero e Mithra trionferà, appunto, come divinità celeste. Spesso il mantello del dio è punteggiato di stelle o di quei pianeti che infatti ritroviamo rappresentati attraverso le personificazioni in mosaico presenti nel mitreo. Ad ogni pianeta raffigurato nella parete verticale dei sedili corrispondono, nell’ermetico ciclo musivo ostiense,  quei segni zodiacali indicanti le case notturne. Tale precisa figurazione sembra avvalorare l’ipotesi che la particolare disposizione di segni e pianeti potrebbe riferirsi a quell’ideale quadro astrale relativo alla notte della creazione, ovvero a quelle tenebre squarciate per sempre dalla nascita della luce dell’astro più ardente, il Sole, ovvero Mithra. Tale lettura del ciclo sembra ulteriormente trovare positivi riscontri nella mancanza del Sole tra le personificazioni astrali in mosaico lungo le panche, quindi nell’associazione della luce con la figura del dio rappresentata nel fondo della sala.        

   Rivolte verso l’ingresso, sulla fronte dei sedili, le due figure di Cautes e Cautopates accoglievano gli adepti. Rappresentati rispettivamente con la face verso l’alto e il gallo e con la face rivolta verso il basso, i due personaggi, sempre presenti nell’iconografia mitriaca, alludono al duplice aspetto del cielo, diurno e notturno e la daga in mosaico rinvenuta sulla controfacciata allude, molto probabilmente, all’arma sacra del dio utilizzata per il sacrificio del toro.  

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Mitreo di Sutri                                       Mitreo di Santa Prisca                  Mitreo del Circo Massimo

 A sottolineare l’unicità del mitreo ostiense sembra inoltre che la disposizione della decorazione sia orientata secondo due assi, uno est-ovest ed uno nord-sud, indicanti nella disposizione dei segni zodiacali una linea nord-sud in rapporto con gli equinozi e un ulteriore linea di solstizi, est-ovest, passante tra il segno dei gemelli e quello del cancro. Infine le due piccole nicchie, aperte in basso a metà del corridoio, rappresenterebbero le porte del cielo, quindi quei passaggi attraverso i quali le anime degli uomini ascendevano e discendevano.Divinità celeste, luminosa, unica e che imponeva il battesimo ai suoi fedeli, anche se a base di sangue, la figura del dio Mithra è all’origine di molti elementi entrati a far parte della più tipica tradizione cristiana. Nato il 25 dicembre di notte in una grotta, venerato in una zona chiamata “vaticanum”, tutelato da un sacerdote detto “pater”, avente per simboli il gallo e le chiavi, l’uso del battesimo e l’importanza del sangue nel culto, sono solo alcuni degli elementi di forte contatto tra la figura di Mithra, mondo misterico tardo antico e Cristianesimo delle origini.        

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                 BUON COMPLEANNO MR. BEYELER!

L’altra collezione del mercante d’arte dalla doppia anima alle soglie degli 87 anni.

Quando il mercato dell’arte si pone come obbiettivi primari il raggiungimento di una qualità assoluta nella scelta dei pezzi ed è in grado di sviluppare realtà decentrate e parzialmente depresse rispetto ai grandi centri di vendita, allora tale fenomeno economico si muta in vero momento culturale di alto livello e in grado di resistere nel tempo.
Nell’arco di sessant’anni Ernst Beyeler, uomo raffinato e di grande intuito, è riuscito, grazie al suo amore per l’arte e al duplice aspetto della sua anima, a trasformare un piccolo centro svizzero in una delle più dinamiche e prestigiose capitali del mercato e del collezionismo d’arte europei.   
Rilevando nel 1945 una libreria d’antiquariato a Basilea, che trasformerà presto in galleria d’arte, Beyeler iniziò quella carriera lunga e sempre in ascesa che qualificherà la sua perizia di mercante. Oltre 250 esposizioni, un ristretto interesse tematico esteso alle avanguardie storiche, soprattutto all’astrattismo e agli artisti americani e l’impegno profuso, tra il 1971 e il 1992, nella co-fondazione ed organizzazione della fiera d’arte internazionale Art Basel, sono solo alcuni degli ambiziosi  traguardi raggiunti da un gallerista diventato ormai leggendario.

          

A funzionare da vincente alchimia fu, nella vita di Beyeler, il personale atteggiamento professionale e spirituale che dimostrò nelle sue scelte il mercante stesso. Seguito e amorevolmente consigliato nell’attività dalla moglie Hildy, di fronte a molti capolavori giunti in galleria Ernst non si pose con la mentalità speculatrice del puro mercante, ma con lo spirito di un vero collezionista passando, senza soluzione di continuità, dalla parte del cliente. Un’anima duplice, un’identità divisa tra tornaconto economico e amore viscerale per l’arte, per quel collezionismo di più alta qualità, fu il motore che permetterà al grande gallerista di essere ricordato nella storia come il creatore di una delle raccolte d’arte più pestigiose al mondo e come colui che ha trasformato Basilea da modesto centro periferico in capitale artistica di respiro internazionale.
Rompendo totalmente gli schemi convenzionali dell’atteggiamento del tipico mercante d’arte, Beyeler afferma che i quadri migliori, talvolta, “è meglio tenerseli anziché venderli.” Episodio emblematico nella vita di Ernst  rimane la visita del barone Thyssen e consorte alla galleria da poco arricchitasi di uno dei capolavori di Monet. Alla vista del trittico Nymphéas i baroni rimasero talmente colpiti da voler acquistare ad ogni costo l’opera, ma le loro richieste e le loro iperboliche offerte caddero inesorabilmente nel vuoto. 

   

Entrarono così a far parte della collezione privata dei coniugi opere di altissimo pregio e veri capolavori del XIX e XX secolo. Prediligendo soprattutto il tardo e il post-impressionismo e le avanguardie storiche, il gusto del mercante-collezionista sottrasse alla vendita nomi altisonanti quali Van Gogh, Monet, Picasso, Braque, Matisse, Mondrian, Kandinsky, Mirò, Klee e ancora gli espressionisti americani come Rothko e Newman. I dipinti di questi grandi maestri oggi costituiscono il cuore pulsante e permanete della Beyeler Foundation, centro espositivo e culturale in divenire attraverso una sistematica attività espositiva e continue acquisizioni.
Se oggi la galleria Beyeler compie ben sessant’anni di attività, alle porte di Basilea si festeggiano i dieci anni di vita della Beyeler Foundation, importantissima collezione e centro espositivo e di ricerca allestiti nell’edificio progettato appositamente da Renzo Piano.  
Tra i cristalli, i telai metallici e le fughe sul verde paesaggio volute dall’architetto genovese, trova il suoi spazio ideale la mostra L’altra collezione, omaggio a Hildy e Erns Beyeler.
              
Oltre alle 80 opere provenienti dalla collezione del gallerista, l’esposizione presenta la riuscita dell’ambizioso  progetto, frutto della stretta collaborazione tra Beyeler e il curatore Oliver Wick, di recuperare alcuni dei capolavori venduti in oltre mezzo secolo di attività dalla galleria Beyeler. Il difficile lavoro di recupero, condotto su inventari di oltre cinquanta anni d’età e tra una mole di oltre 16mila pezzi venduti, è riuscito a sottrarre al silenzio delle collezioni private, anche se solo momentaneamente, ben 140 capolavori. Tra i recuperi più significativi spiccano la “serie” Femmes, cinque opere di Picasso del 1907 e i ritratti di Cézanne.  
Tutte le opere scelte dal mercante durante il corso della sua lunga vita sono legate da un fil rouge che le stringe in un gruppo di capolavori quasi tutti eseguiti nella fase tarda della produzione dei maestri alle quali appartengono. Si tratta, generalmente, di dipinti e sculture di grande potenza espressiva e mai espressione di una bellezza classica, canonica, reputata dal famoso mercante stucchevole e nel tempo annoiante. La grande passione per l’astrattismo, che intravede già in fase larvale nell’amatissima opera di Cézanne e Picasso, conduce Beyeler in una approfondita e avanguardistica ricerca che lo condurrà fino in America. Esperto ed astuto, vero pioniere europeo nelle novità artistica e nel mercato dell’arte statunitensi, fu in grado di prevedere, prima di molti, l’ascesa dell’arte americana e la consequeziale caduta del primato delle avanguardie storiche europee.

     

(Articolo in fase di realizzazione)




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